Banking and finance

Immeritevolezza del derivato interest rate swap per mancata indicazione della formula di calcolo del mark to market

Published on 24th Feb 2023

Con la recente decisione del 31 gennaio 2023, n. 778, il Tribunale di Milano ha sancito che nei contratti di interest rate swap, in difetto di esplicitazione della formula del mark to market ("MtM"), il contratto non è meritevole di tutela ex art. 1322, comma 2, cod. civ., e ne va pertanto dichiarata la nullità.

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Interest rate swap e mark to market

Con il contratto di interest rate swap, le parti si obbligano a versare reciprocamente gli interessi prodotti da una stessa somma di denaro, presa quale astratto riferimento (il c.d. "nozionale"), per un tempo determinato. Attraverso il collegamento tra le due obbligazioni di pagamento, a cui frequentemente si accompagna una clausola di "netting", volta a consentire il versamento del solo differenziale, i contraenti creano (e scambiano) delle posizioni di rischio finanziario¹. Il mark to market rappresenta uno strumento di monitoraggio del rapporto, e consiste in una sorta di simulazione giornaliera di chiusura della posizione contrattuale e di stima probabilistica dei rapporti debito/credito fra le parti; lo stesso viene anche definito (anche dalla sentenza in esame) come "la sommatoria attualizzata dei differenziali futuri attesi sulla base delle condizioni dell'indice di riferimento al momento della sua quantificazione".

Tale elemento del contratto di swap è oggetto di varie interpretazioni da parte della giurisprudenza di merito, con opposte ricadute pratiche. Un primo orientamento, ritiene che il mark to market, così come la sua formula di calcolo, entrino a far parte dell’oggetto del contratto di swap, sì che una loro omissione o opacità ne inficerebbe la determinabilità, con conseguente nullità dell’intero contratto per il combinato disposto degli artt. 1346 e 1418, comma 2, cod. civ. 2². 

Un opposto filone ritiene invece che il mark to market (e la sua formula di calcolo) debordino dall’oggetto del contratto di swap, rilevando sul diverso piano del "valore di sostituzione" del derivato in un certo momento, sì che la sua omissione o opacità non possa condurre a una declaratoria di nullità per indeterminabilità dell’oggetto³.

Nel primo caso, allora, il mark to market viene inteso quale elemento essenziale del contratto (l'oggetto dello stesso), nel secondo caso, al contrario, quale elemento meramente accidentale⁴.

La sentenza del Tribunale di Milano

La decisione in esame, invece, evidenzia come il mark to market (e la sua formula), lungi dal rappresentare un elemento accessorio del contratto di interest rate swap, ne costituisce (più che l'oggetto) una sua peculiare modalità di espressione: destinata ad avere pratico rilievo in determinate, eventuali circostanze (ad es. nelle ipotesi di chiusura anticipata del rapporto), ma che illustrano e prima ancora integrano la razionalità del contratto fin dalla sua stipula. 

Secondo il Tribunale, infatti, è proprio in forza del dato relativo al mark to market che va valutato se: 

  • al momento della conclusione del contratto aveva senso o meno impegnarsi nel derivato (obbligandosi quindi allo scambio dei flussi finanziari e al pagamento della differenza), rappresentando il MtM "l'astratta previsione dell'andamento del mercato"
  • durante la fase di esecuzione del derivato stesso, è conveniente o meno rinegoziare le condizioni dell'interest rate swap (se del caso recedendo dallo stesso e stipulandone uno nuovo), atteso che il MtM identifica anche il valore positivo o negativo dello strumento finanziario in un dato momento.

Se il contratto deve avere una razionalità, allora, l'oggetto dello stesso non può prescindere dalla formula del mark to market (più che dalla sua esplicitazione al momento della stipula).

Del resto, nota il Tribunale, è per tale motivo che il valore potenziale del derivato, appunto desumibile dal mark to market, assume rilievo non solo economico, ma giuridico; proprio la specifica previsione di cui all'art. 2427 bis cod. civ., che impone l'inserimento a bilancio del relativo valore sottintende, in uno con la sua natura di strumento finanziario, la sua precisa valutazione in ogni momento, a pena di "immeritevolezza" di tutela già come modello astratto di contratto ex art. 1322 cod. civ. (essendo lo swap un contratto non tipizzato dal legislatore).

Il ragionamento del giudice esclude la riconducibilità del mark to market quale oggetto tout court del contratto derivato (perciò non ne dichiara la nullità ex art. 1418, comma 2, cod. civ.), tuttavia si avvale del giudizio di meritevolezza di cui all'art. 1322 cod. civ. per – comunque – sancirne l'invalidità, e ciò a prescindere, come espressamente affermato dallo stesso giudicante, dalla concreta funzione speculativa e/o di copertura dello strumento finanziario (che invece è parametro classicamente utilizzato dalla giurisprudenza per verificare la meritevolezza del derivato⁵ ). Piuttosto, il Giudice afferma che per essere ragionevole (e, quindi, meritevole), sia al momento della stipulazione che in costanza di esecuzione, il derivato deve quantomeno esplicitare con "certezza" la formula di calcolo per determinare il valore del MtM in un dato momento. 

Tuttavia, così facendo, in realtà il Giudice declina sub specie di adeguatezza il giudizio di meritevolezza del contratto, ritenendolo (anche senza mai esplicitarlo) in buona sostanza inadeguato rispetto agli obiettivi di investimento del cliente. Va poi puntualizzato che, proprio con la già richiamata sentenza n. 8770 del 12 maggio 2020 (cfr. nt. 4), le Sezioni Unite della Cassazione hanno avuto modo di individuare la causa dell'interest rate swap (definita dalla stessa Suprema Corte come "causa tipica") nella "negoziazione e monetizzazione di un rischio" finanziario di variazione dei tassi di interessi (Cass., sez. un., 12 maggio 2020, n. 8770). Per questa via, afferma la Corte, l'interest rate swap rientrerebbe tra i contratti "tipici" del settore finanziario, il cui riconoscimento si fonda nell'art. 23, c. 5, T.u.f.; disposizione che "non intende autorizzare sic et simpliciter una scommessa, ma delimitare con un criterio soggettivo, la causa dello swap, ricollegandola espressamente al settore finanziario" (cfr. sempre Cass., sez. un., 12 maggio 2020, n. 8770, cit.). Tali elementi inducono a sostenere che, ad oggi, possa ritenersi ragionevolmente accolto nell'ordinamento il tipo contrattuale interest rate swap, almeno con riferimento al settore finanziario. 

Ne discende, allora, che nel caso di specie difettavano in concreto i presupposti per sottoporre lo schema negoziale del contratto interest rate swap sottoscritto da parte attrice al vaglio di meritevolezza, in quanto, appunto, da considerarsi ormai tipico.

Sotto questo profilo, il Tribunale, invece di fare riferimento al giudizio di meritevolezza e dichiarare conseguentemente nullo il derivato, avrebbe più correttamente dovuto (e potuto) valutare se la mancanza di una formula in contratto idonea ad evidenziare le modalità di attualizzazione degli scenari futuri attesi (i.e. il mark to market), integrasse (o meno) la violazione degli obblighi di condotta in capo all'intermediario. Del resto, come sopra anticipato, l'omessa esplicitazione della formula relativa al mark to market, e del conseguente valore dello stesso, rappresenta un indice sintomatico di un non corretto svolgimento del servizio di investimento prestato dal soggetto  abilitato⁶ e, nello specifico, della violazione delle regole di condotta di cui al T.u.f. e al regolamento intermediari (in particolare della regola di adeguatezza, cfr. art. 40 regolamento intermediari)⁷. 

Dalla violazione delle regole di condotta, consegue l'approdo ai rimedi della responsabilità civile e della risoluzione del contratto quadro e/o dei singoli contratti a valle dello stesso, in conformità con il noto paradigma delle sentenze gemelle delle Sezioni Unite del 2007⁸. Tali conclusioni sono condivise da parte della giurisprudenza di merito⁹, laddove alla mancata indicazione del mark to market in sede precontrattuale viene ricondotta la violazione degli obblighi informativi facenti carico all’intermediario (essendo poi irrilevante che la comunicazione del valore dello stesso e delle singole voci di costo sia stata effettuata soltanto nella fase esecutiva del contratto)¹º. 

Mark to market quale criterio di quantificazione della multa penitenziale nei contratti swap

In ogni caso, l'omessa indicazione del mark to market (o della sua formula), anche non accogliendo tale ultimo orientamento, non potrebbe comunque condurre ad invalidare l'intero contratto. In particolare, se è vero che il mark to market rappresenta il "valore di sostituzione" del derivato in un certo momento (cfr. già Cass., sez. un., n. 8770/2020), che cioè serve a stabilire, tempo per tempo, il costo di "uscita" dal contratto, allora vuol dire che esso rappresenta, in buona sostanza, il patto che regola il montante dovuto dal cliente per il caso di fine del contratto anticipata rispetto alla scadenza. In termini civilistici, dunque, il mark to market assolve alla funzione di criterio secondo il quale poter quantificare l'entità di una multa penitenziale: non dunque di una prestazione contrattuale in senso tecnico, bensì del corrispettivo il cui versamento (art. 1373, comma 3, cod. civ.) consegue lo scioglimento del contratto per recesso unilaterale. 

Se il criterio per stabilire questo corrispettivo per il recesso anticipato non è stabilito o è stabilito attraverso un generico rinvio ai criteri generalmente accolti nel mercato – che altro non sono che "usi piazza" – in ambedue i casi la conseguenza è la nullità della clausola (e della clausola soltanto).

E siffatta conclusione discende direttamente dall’art. 23, comma 2, T.u.f., che dispone la nullità delle pattuizioni che rinviino agli usi per la determinazione del corrispettivo dovuto dal cliente e di ogni altro onere a suo carico, stabilendo che, in tali casi, nulla sia dovuto. 

La disposizione è strutturata in modo da prevedere una sostituzione cogente di chiara indole sanzionatoria, e dunque da non intaccare il contratto per il resto. Ne consegue che, nel caso in cui non sia esplicitato in modo chiaro il mark to market, ossia il metodo utilizzato per quantificare il corrispettivo contrattualmente dovuto per sciogliersi unilateralmente e anticipatamente dal contratto, nessun corrispettivo sarà dovuto. Il recesso, in altri termini, sarà gratuito; il cliente non avrà però diritto alla ripetizione di quanto corrisposto in favore dell’intermediario fino al momento del recesso, come dovrebbe accadere, in forza dei principi sull’indebito oggettivo, predicando la nullità per indeterminabilità dell’oggetto dell’intero contratto di swap e/o la sua immeritevolezza¹¹.

Questo, a nostro avviso, il percorso giuridicamente più corretto che il Tribunale avrebbe dovuto seguire nel decidere la questione controversa in esame. 

 

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Note:
[1]. Quanto alla struttura gli elementi essenziali di un interest rate swap sono: a) la data di stipulazione del contratto (trade date); b) il capitale di riferimento, detto nozionale (notional principal amount), che non viene scambiato tra le parti, e serve unicamente per il calcolo degli interessi; c) la data di inizio (effective date), dalla quale cominciano a maturare gli interessi (normalmente due giorni lavorativi dopo la trade date); d) la data di scadenza del contratto (maturity date o termination date); e) le date di pagamento (payment dates), cioè quelle in cui sono scambiati i flussi di interessi; f) i diversi tassi di interesse (interest rate) da applicare al detto capitale.
[2]. Trib. Milano, 22 luglio 2022, n. 6547; Trib. Milano, 14 luglio 2021, n. 6157. 
[3]. Trib. Milano, 23 settembre 2022, n. 7344; Trib. Milano, 17 maggio 2021. 
[4]. Tale diversità di vedute emergeva plasticamente in due decisioni del 2018 rese da due diverse sezioni della Corte d'appello di Milano laddove, con la prima (la n. 4242 del 25 settembre 2018, Sez. I) veniva accolto il primo orientamento, dichiarando quindi nullo il derivato, mentre con la seconda (la n. 5788 del 27 dicembre 2018, Sez. III) il derivato veniva considerato valido pur in assenza di un indicazione precisa del mark to market (o della sua formula di calcolo). Con la sentenza del 12 maggio 2020, n. 8770, le Sezioni Unite della Cassazione, pur accogliendo la tesi per cui il mark to market rappresenta il "valore di sostituzione" del derivato in un certo momento, hanno poi stabilito (in un obiter dictum) che l'oggetto del contratto interest rate swap è determinato (o determinabile) ove venga indicata la misura qualitativa e quantitativa dell'alea, calcolata secondo criteri riconosciuti ed oggettivamente condivisi (che non si limitino al criterio del mark to market, ma investano, altresì, gli scenari probabilistici e i costi occulti). Tuttavia, le sezioni unite non hanno minimamente chiarito cosa debba intendersi per "scenari probabilistici", né le corti di merito che hanno ripreso tale orientamento si sono prodigate nell'individuare tale requisito di validità del contratto swap. Solamente alcuni Tribunali si sono occupati del tema, identificando gli scenari probabilistici con: 

- l’andamento dei tassi Euribor 6 mesi (curve dei tassi forward) (cfr. Tribunale Forlì 27 gennaio 2021); 

- le previsioni del "Bollettino della Banca Centrale Europea […] ed i tassi forward calcolati sulla base dei tassi Euri[r]s […]” (cfr. Tribunale Torino 1 febbraio 2021, n. 456, per quanto in tale caso gli scenari sono stati utilizzati per valutare l’effettiva consistenza, o meno, di un’alea bilaterale).

Stante le non chiare indicazioni delle sezioni unite sul punto, ad oggi si continuano a registrare differenti orientamenti giurisprudenziali in merito all'interpretazione dei requisiti del contratto di interest rate swap come, appunto, quelli relativi agli scenari probabilistici e al mark to market.
[5]. Cfr. Cass. 13 luglio 2017, n. 19013. 
[6]. Nella specie, del servizio di consulenza in materia di investimenti, cfr. art. 1, T.u.f., comma 5, lett. f), essendo il derivato oggetto di causa c.d. "over the counter", e cioè negoziato al di fuori dei mercati regolamentati, quindi creato "ad hoc" per il cliente e non standardizzato.
[7]. La valutazione di adeguatezza del contratto deve essere posta in essere dall'intermediario (esclusivamente per i servizi di gestione di portafoglio e di consulenza) in relazione alle caratteristiche specifiche dello strumento finanziario proposto al cliente, alle finalità perseguite in concreto dal cliente e alla sopportabilità da parte dello stesso dei rischi insiti nel contratto derivato e impone all'intermediario un dovere di astensione dalla conclusione del derivato qualora questi ritenga lo stesso inadeguato per il cliente. 
[8]. Cass., sez. un., 19 dicembre 2007, nn. 26724 e 26725, le quali hanno sancito che dalla violazione dei doveri di comportamento che la legge pone a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi d'investimento finanziario discende la responsabilità precontrattuale, con conseguente obbligo di risarcimento dei danni, per le violazioni in sede di formazione del contratto d'intermediazione destinato a regolare i successivi rapporti tra le parti, ovvero la responsabilità contrattuale, con relativo obbligo risarcitorio ed eventuale risoluzione del predetto contratto, per le violazioni riguardanti le operazioni d'investimento o disinvestimento compiute in esecuzione del contratto d'intermediazione finanziaria in questione, ma non la nullità di quest'ultimo o dei singoli atti negoziali conseguenti, in difetto di previsione normativa in tal senso.
[9]. Anche dopo l'intervento delle Sezioni Unite n. 8770/2020, assolutamente non nomofilattiche su molti dei temi affrontati, uno su tutti quello del mark to market, con decisioni tanto di nullità quanto di validità degli swap che testualmente riprendono diversi passaggi della richiamata decisione. 
[10]. Cfr. ex multis, Trib. Firenze, 25 febbraio 2020, n. 561; cfr. anche Trib. Parma 4 gennaio 2021, n. 10; Trib. Bologna 5 gennaio 2021, n. 10; cfr. anche Trib. Mantova, 18 luglio 2019, che ha affermato come il corretto adempimento dei doveri informativi da parte dell'intermediario implica la comunicazione del mark to market del derivato al cliente, quale elemento da apprezzare in sede di valutazione dei rischi insiti nel contratto, ma non quale oggetto del contratto derivato. Trattandosi di violazione di un dovere di astensione imposto dal regime di adeguatezza, il nesso di causalità materiale tra inadempimento dell'intermediario e danno cagionato al cliente sarà presunto in re ipsa (Cass., 31 agosto 2020, n. 18153; nonché già Trib. Torino 17 luglio 2009). 
[11]. In dottrina, Natoli, Ancora incertezze su mark-to-market e oggetto del contratto di interest rate swap, in Le Società 4/2019, 464 ss.; cfr. anche Trib. Bologna 14 dicembre 2009. 


 

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