Restructuring and insolvency

Omologazione Trasversale

Published on 18th April 2025

La Non Equiparabilità dei creditori privilegiati degradati ai creditori chirografari ab origine ai fini dell'applicazione dell'art. 112 comma 2 lett. B) CCII 
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La Corte d'Appello di Milano fornisce importanti chiarimenti in tema di omologazione c.d. "trasversale" di un concordato preventivo in continuità, chiarendo definitivamente come i creditori privilegiati degradati appartengano a un "rango" differente rispetto a quello dei creditori chirografari ab origine. Risulta così ulteriormente definita (e limitata) la portata e il significato del termine "grado" di cui all'art. 112 comma 2 lett. b) CCII.

Introduzione

Con sentenza n. 826/2025 pubblicata il 24 marzo 2025, la Corte d'Appello di Milano (Pres. dott.ssa Anna Mantovani, Est. dott.ssa Maria Teresa Brena) ha accolto il reclamo ex art. 51 CCII avverso la sentenza con cui il giudice di primo grado aveva rigettato la domanda di omologazione "trasversale" (ai sensi dell'art. 112, comma 2, CCII) di una proposta di concordato preventivo in continuità aziendale, in quanto prevedeva un migliore trattamento a favore dei creditori privilegiati "degradati" al chirografo rispetto alla classe dissenziente composta da creditori chirografari ab origine. 

La sentenza della Corte d'Appello è di particolare rilevanza pratica perché, pur confermando come, ai fini dell'omologazione traversale di un concordato preventivo in continuità, il principio di non discriminazione dettato dall'art. 112, Co 2 lett b) CCIII debba essere rispettato anche tra creditori chirografari, previene il diffondersi di interpretazioni giurisprudenziali che, nel loro estremo formalismo, giungono a disapplicare uno dei principi inderogabili del Codice della Crisi, (ovverosia il principio della Relative Priority Rule di cui all'art. 84, Co. 6 CCII), con l'assurdo e irragionevole effetto finale di discriminare i creditori privilegiati (seppur degradati). 

Il giudizio di omologazione "forzosa" 

Al fine di meglio inquadrare la questione, giova preliminarmente rammentare che, in caso di mancata approvazione di un concordato preventivo in continuità aziendale, trova applicazione il comma 2 dell'art. 112 CCII. Tale disposizione prescrive le condizioni (fra esse cumulative) necessarie affinché il tribunale disponga l'omologazione del concordato preventivo in presenza di una o più classi dissenzienti. In particolare, perché possa giungersi all'omologazione "trasversale" (c.d. "cross-class cram-down") è necessario, fra le altre, che il valore eccedente quello di liquidazione (i.e. il surplus da continuità aziendale) sia distribuito in ossequio al principio di "priorità relativa" affinché "… i crediti inclusi nelle classi dissenzienti ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore fermo restando quanto previsto dall'articolo 84, comma 7".

L'antefatto. App. Milano 8 novembre 2024, n. 2988 

Proprio l'interpretazione della norma poc'anzi citata è stata oggetto di un altro e precedente provvedimento molto discusso della Corte d'Appello di Milano, chiamata ad esprimersi su un reclamo ex art. 51 CCII avverso un'altra sentenza di rigetto dell'omologazione di un concordato preventivo in continuità sempre del Tribunale di Busto Arsizio. Con la sentenza in questione il giudice di prime cure aveva statuito che in tema di concordato preventivo, un’interpretazione che tenga conto del dato sistematico e delle previsioni del diritto UE, induce a ritenere come, in ipotesi di concordato in continuità, in assenza del voto favorevole di tutte le classi, la c.d. ristrutturazione trasversale presupponga, in caso di dissenso ad opera di una classe di creditori chirografari, la verifica che tale classe sia trattata in misura pari alle altre classi chirografarie (rectius: alla classe chirografaria destinataria del trattamento migliore) e in misura superiore alle classi di creditori postergati e dei soci. Ebbene, la Corte d'Appello di Milano ha ritenuto di confermare la lettura proposta dal tribunale di Busto Arsizio, affermando il principio secondo cui "la parola “grado” utilizzata nell'art. 112, comma 2 lett. b), CCI con riferimento alla distribuzione del valore eccedente quello di liquidazione, deve essere interpretata come equivalente a rango/livello" (mass. red. App. Milano 8 novembre 2024, reperibile su www.ilcaso.it).

Più precisamente, i giudici milanesi, muovendo dall'utilizzo, nella Direttiva UE 2019/2023 (la c.d. "Direttiva Insolvency", da cui deriva il nostrano Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza), del termine "rank" quale metro di confronto per verificare il rispetto della regola della parità di trattamento tra le classi, hanno concluso statuendo che ai fini dell'omologazione trasversale, deve essere rispettato il principio di non discriminazione  tra i creditori del medesimo rango, quindi anche tra creditori chirografari, potendo dirsi violato tale principio qualora la proposta preveda un trattamento deteriore per una classe di creditori chirografari rispetto a quanto offerto alle altre classi di pari rango.  

Inoltre, sempre secondo la Corte d'Appello, il divieto di discriminazione così inquadrato – e quindi anche tra creditori chirografari - non si porrebbe in contrasto con gli artt. 84, comma 6, e 85, comma 1, C.C.I., dovendo applicarsi solo in ipotesi di omologazione trasversale: in caso, invece, di voto favorevole da parte della unanimità delle classi, ben potrebbe essere omologato un concordato in continuità aziendale con classi di creditori non dissenzienti che ricevano meno di quanto distribuito a classi di pari rango.

La tesi del Tribunale di Busto Arsizio

Nel solco aperto dal predetto provvedimento della Corte d'Appello, si è inserito il Tribunale di Busto Arsizio che, con sentenza del 6 dicembre 2024, ha rigettato l'omologazione forzosa di un concordato preventivo in continuità aziendale, spingendosi, tuttavia, ancora oltre nell'interpretazione ermeneutica offerta dalla Corte d'Appello di Milano.

Partendo, infatti, dalle medesime considerazioni sull'utilizzo del termine "rank" e approfondendo le analisi – sistematiche/teleologiche financo "linguistiche" – in punto di ricostruzione dell'esatto significato da attribuire all'art. 112, comma 2, lett. b), CCII, il Tribunale è giunto a ritenere non soddisfatta la condizione in commento allorquando alla classe dissenziente composta da creditori chirografari ab orgine sia offerto un trattamento deteriore rispetto a quello riservato ad altre classi di creditori privilegiati "degradati" al chirografo per incapienza dell'attivo, equiparando questi ultimi, quanto al rango, ai creditori chirografari. 

In particolare, stando  alla ricostruzione operata dal Tribunale di Busto Arsizio, "in caso di dissenso espresso da una classe di creditori chirografari ( originari o degradati ), il Tribunale [deve] verificare che la classe dissenziente riceva (relativamente al valore eccedente quello di liquidazione) un trattamento non inferiore alle altre classi appartenenti al medesimo rango chirografario e superiore a quello delle altre classi di rango inferiore (creditori postergati e soci)".

Le criticità dell'interpretazione offerta dal Tribunale di Busto Arsizio

L'interpretazione – eccessivamente estensiva - fornita dal Tribunale di Busto Arsizio circa la (presunta) reale portata dell'art. 112, Co. 2 lett. b) CCII risulta - questa volta sì - del tutto incoerente rispetto al principio inderogabile espresso dall'art. 84, Co. 6 CCII.

Come noto, il privilegio costituisce una causa legittima di prelazione che viene accordata dalla legge in considerazione della particolare natura del credito a cui inerisce: il legislatore, pur stabilendo il principio generale della cd. par condicio creditorum, ritiene infatti che alcuni crediti debbano godere di una maggiore tutela rispetto ad altri e, per tale motivo, stabilisce che i primi godano di un rango differenziato, di una "preferenza" e di un diritto di "precedenza" rispetto ai secondi.

Il rango dei creditori privilegiati è, quindi, certamente diverso rispetto a quello dei creditori chirografari: la natura, la posizione giuridica e gli interessi economici sottesi ai crediti in questione sono pacificamente e per stessa indicazione del legislatore, affatto dissimili rispetto a quelli ricollegabili ai crediti chirografari. 

E tale sostanziale e connaturata diversità non viene meno nel caso di creditori privilegiati incapienti: il credito privilegiato sorge tale perché tale è voluto e qualificato da una norma, e tale resta anche se, a seguito e per effetto delle vicende fattuali che seguono la sua nascita, sia destinato a parziale o totale incapienza. 

Tale assunto trova diretta e inconfutabile conferma proprio nella normativa di cui al Codice della Crisi. L' art. 84, co. 6, CCII ordina, infatti, al debitore di distribuire le proprie risorse eccedenti il valore di liquidazione:

  • rispettando il - e tenendo conto del - rango privilegiato anche con riferimento ai crediti destinati in tutto o in parte ad incapienza nello scenario liquidatorio;
  • e, tra essi, rispettando la suddivisione in gradi,
     

il tutto a conferma che, anche in caso di incapienza, non solo permane il rango privilegiato, ma rileva pure la distinzione tra gradi di privilegio.

L'interpretazione data dal Tribunale di Busto Arsizio, all'art. 112, co II lett. b) CCII , equiparando il rango dei creditori privilegiati incapienti al rango dei creditori chirografari, si pone, quindi, in contrasto:

  • con il significato stesso di "rango": i crediti privilegiati, anche in caso di incapienza, appartengono, comunque a un rango diverso rispetto a quello dei creditori chirografari;
  • con  l'art. 84, co. 6 CCII, risultando,  di fatto, abrogativa del principio ivi sancito in punto di distribuzione del valore eccedente.

La pronuncia della Corte d'Appello

A fronte del quadro così descritto, è intervenuta la Corte d'Appello, riformando il provvedimento del Tribunale di Busto Arsizio.

La Corte d'Appello sottolineando come il valore di liquidazione debba costituire "il discrimine fra i creditori privilegiati che devono essere soddisfatti secondo la regola della priorità assoluta e quelli per i quali la distribuzione dell’attivo può essere eseguita in base alla regola della priorità relativa" ha chiarito che i creditori privilegiati degradati al grado chirografario per incapienza dell'attivo, diversamente da quanto sostenuto da giudice di prime cure, "non sono […] equiparabili ai privilegiati non degradati, ma nemmeno ai chirografari “ab origine”"

Muovendo da tale condivisibile valutazione, i giudici milanesi hanno quindi espressamente confermato la coerenza fra l'art. 84, comma 6, CCII e l'art. 112, comma 2, lett. b), CCII e, verificata la sussistenza di tutte le condizioni richieste per l'omologazione "forzosa", ha provveduto, in riforma del provvedimento assunto dal Tribunale di Busto Arsizio, ad omologare il concordato preventivo nel quale è previsto un migliore trattamento a favore dei creditori privilegiati "degradati" al chirografo rispetto alla classe dissenziente composta da creditori chirografari ab origine

Conclusione

Con questo risolutivo intervento, la Corte d'Appello, nel ripercorrere i principi cardine della distribuzione dell'attivo e nel meglio definire il principio espresso dall'art. 112 comma 2 lett. b) in senso conforme al sistema normativo, ha "ristretto il cerchio" che aveva aperto qualche mese fa, fornendo precisazioni utili per la formulazione di proposte concordatarie in continuità aziendale e scongiurando definitivamente il rischio di interpretazioni che, nel loro estremo formalismo, risultavano non coerenti con l'art. 84, co. 6 CCII.

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* This article is current as of the date of its publication and does not necessarily reflect the present state of the law or relevant regulation.

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